L’Istat ci dice che, nel nostro Paese il tabagismo non è più in declino, specie tra i giovani. La consuetudine del fumo, afferma l’Istituto di statistica, è più diffusa tra i 25 e i 34 anni (26,3%), soprattutto tra gli uomini.
L’attività di controllo sulla produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati è svolta dall’Agenzia Dogane e Monopoli che ha mantenuto funzioni di organo di controllo della riscossione e del versamento delle imposte gravanti sui tabacchi lavorati in qualità di Organo del Ministero dell’Economia (D.M. 67/1999).
Sul sito della stessa Agenzia si trova la composizione del prezzo finale (quello in tabaccheria per intenderci) a carico del fumatore. Le sigarette, come gli altri prodotti che vanno sotto la dicitura di “tabacchi lavorati”, sono gravate da diverse imposte.
- L’IVA, che è pari al 22% del prezzo di vendita al pubblico al netto dell’IVA stessa;
- L’accisa, correlata al prezzo di vendita al pubblico;
- Il dazio, che si applica solo qualora i prodotti provengano da paesi terzi, cioè non appartenenti all’Unione Europea.
Il prezzo finale di vendita al pubblico delle sigarette, risulta dalla somma di più elementi, quelle fiscali sopraccitate alle quali si aggiunge l’aggio del rivenditore, nella misura fissa del 10% del prezzo, e la quota di spettanza del produttore che è residuale rispetto al prezzo scelto dal produttore medesimo.
Come si può evincere lo Stato interviene in modo deciso sui tabacchi lavorati con una tassazione che sfiora il 75% del prezzo finale.
A titolo di esempio, scorrendo le voci della tabella dei prezzi al pubblico delle sigarette in commercio sul territorio nazionale, si legge che, questi ultimi, vanno da un minimo di 2 euro a oltre 5 euro (gli astucci solitamente sono confezionati da 10 e da 20 pezzi).
Alessandro Gaetani