Ven. Apr 26th, 2024

Fatto veramente accaduto

Ho avuto la possibilità di seguire da vicino una vicenda che ha visto protagonisti un correntista, la banca presso cui è aperto il conto corrente e il bancomat che gli era stato rubato.

Questi i fatti:
Il correntista in questione subisce, di venerdì e in orario serale, il furto della borsa contenente tra le altre cose il portafoglio racchiudente il bancomat. Accortosi dell’accaduto chiama il numero verde per bloccare la carta e si reca alle forze dell’ordine per denunciare il furto.

Il lunedì successivo, all’apertura della banca, ha segnalato l’accaduto consegnando la copia della denuncia suddetta, dichiarando subito che il codice pin non era conservato nel portafoglio insieme al bancomat, unitamente al disconoscimento di eventuali transazioni indebite.

Fermiamoci qui nel raccontare i fatti, perché prima voglio darvi alcune informazioni.

Il bancomat oggetto del furto è dotato sia di chip sia di banda magnetica, doppia tecnologia ancora presente in Italia e non solo, in quanto non tutti gli esercizi commerciali sono dotati delle macchinette POS di nuova generazione con lettore esclusivo dei dati a mezzo del chip. Quest’ultima tecnologia è più sicura perché non permette di copiare i dati memorizzati sul chip a differenza della banda magnetica, dalla quale, grazie all’uso di appositi strumenti e programmi software è “facile” ricavare il codice pin su di essa memorizzato. La cosa è confermata anche da recenti cronache giornalistiche e televisive, che hanno evidenziato come ci siano in Italia vere e proprie bande di “specialisti in operazioni fraudolenti”, in grado di copiare il pin unitamente al codice di 16 cifre memorizzato nella banda magnetica, e di come siano soliti operare nei fine settimana quando gli sportelli bancari sono solitamente chiusi.

Tornando ai fatti, il correntista dichiara nella denuncia che il furto è avvenuto tra le diciotto e trenta e le venti, mentre alla banca risultano effettuate varie operazioni di prelievo ATM e pagamenti POS in esercizi commerciali, tra le venti e cinque (prima operazione) e le venti e quarantuno (ultimo pagamento POS).

Dalla lettura della documentazione riportante il dettaglio delle operazioni suddette, e tenendo valide le informazioni sopra riportate in corsivo, si evince come i ladri abbiano avuto tutto il tempo per estrarre dalla carta i dati a loro necessari per clonarla e duplicarla, visto che le operazioni sono state effettuate tutte in circa quaranta minuti e in diversi esercizi commerciali/ATM, se pure nello stesso Centro Commerciale, disposto su più piani.

Detto ciò vi informo che la banca ha comunicato per iscritto al correntista di non voler dar corso al rimborso delle transazioni effettuate, in quanto asserente che senza la conoscenza del codice PIN nessun’altro, al di fuori del titolare, può utilizzare un bancomat, a meno che il ladro non trovi unitamente al bancomat il PIN, negligentemente tenuto insieme alla carta di pagamento.

Al ricevimento del suddetto rifiuto il correntista NON SI E’ FATTO VINCERE DALLA PIGRIZIA.

Si è rimboccato le maniche e, leggi alla mano, ha presentato un “reclamo” scritto avverso alla decisione presa dalla banca, unitamente alla richiesta di risarcimento danni, subiti in conseguenza del sopracitato furto, intimando alla stessa banca, in mancanza di riscontro nei trenta giorni previsti, o di insoddisfazione dell’esito del reclamo stesso, di rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ne parlo in questo post: https://www.economiafamiliare.it/2010/03/arbitro-bancario-finanziario/), nonché all’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

Quali gli strumenti legislativi presi a riferimento e citati nel reclamo scritto:
Decreto Legislativo 11/2010 – attuazione Direttiva Europea 2007/64/CE – relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (elencati in ordine di comparsa nel reclamo) in vigore dal 1° marzo 2010:
Articolo 10 – “Se l’utilizzatore dei servizi di pagamento neghi di aver autorizzato una determinata operazione è onere del prestatore dei servizi di pagamento fornire prova contraria……spetta al prestatore dei servizi di pagamento dimostrare che l’utilizzatore ha agito in modo fraudolento o con dolo o colpa grave “
Articolo 12 – “salvo i casi in cui l’utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati….l’utilizzatore può sopportare la perdita derivante dall’utilizzo indebito dello strumento di pagamento nei limiti di un importo non superiore a 150 euro”.
Articolo 7 – “Obblighi a carico dell’utilizzatore dei servizi di pagamento in relazione agli strumenti di pagamento…..l’utilizzatore deve comunicare senza indugio al prestatore di servizi di pagamento (o al soggetto da questi indicato) lo smarrimento, il furto, l’appropriazione indebita o l’uso non autorizzato dello strumento, non appena ne viene a conoscenza.
Articolo 8 – “ Obbligo a carico del prestatore ….deve impedire qualsiasi utilizzo dello strumento di pagamento successivo alla comunicazione , di cui sopra, attribuendo all’intermediario l’onere di sopportare il rischio di perdite per la parte eccedente l’importo di 150 euro e sempre che non sia in grado di provare il dolo o la colpa grave del cliente, derogando così all’articolo 1218 del codice civile in quanto stabilisce un criterio di responsabilità che prescinde dal modello indicato dalla menzionata norma civilistica.
Decreto Legislativo 206/2005 (Codice del consumo).

Come è andata a finire?

Il correntista si è visto riconoscere il rimborso delle somme spese dai ladri, al netto dei 150 euro trattenuti dalla banca.

Puooi approfondire sull’argomento con i seguenti libri:

Lascia un commento